HOME non è mai politica attuale la parola dei profeti disarmati, ma in un popolo ci vogliono i politici attuali e i politici inattuali, e se i primi sono giudicati savi e i secondi matti, ci vogliono i savi e ci vogliono i matti, e guai ai popoli che hanno solo i savi perché spetta di solito ai matti porre e coltivare i germi della politica avvenire (B. Croce)
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Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone. (E. Roosevelt)

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lunedì 22 giugno 2009

PdL: forza, coraggio e ballottaggio

Le elezioni del 6 e 7 giugno potrebbero essere ricordate come una occasione persa per il PdL umbro, e non per i risultati, perché i voti ovunque in aumento e i ballottaggi di Terni e Orvieto stanno lì a dimostrare (qualunque sarà il responso), che il Centrodestra ha conseguito e consolidato l’unico vero dato importante e che mancava: il fatto che è oggi visto anche in Umbria come una valida alternativa di governo locale.
Questo è avvenuto proprio perché mentre la classe dirigente del Centrosinistra al governo si separava progressivamente dalla sua base elettorale e si abbandonava a lotte di bande, privilegi e personalismi, quella di Centrodestra cresceva in rappresentatività sociale e affinava progressivamente le sue capacità con la permanenza nelle sedi istituzionali: perfino la politica si impara a furia di frequentarla.
A dimostrazione di ciò basta riflettere sul fatto che i Concina, i Baldassarre e gli Sbrenna erano candidature astrattamente possibili (e in alcuni casi perfino ipotizzate e richieste) anche 5 o 10 anni fa, ma si sono verificate adesso, perché solo adesso c’erano quelle condizioni.
Solo adesso c’era anche in Umbria una immagine di un partito forte (anche se “nascente” secondo la definizione non lusinghiera data del ministro Brunetta), perché unito e unitario e di un governo nazionale efficace e al lavoro (al di là della propaganda e delle polemiche sulla vita privata del Premier), contrastato formalmente da una opposizione che più che intenta a una traversata nel deserto, sembra impantanata in una palude nebbiosa.
E’ innegabile che gli elettori umbri nel loro complesso abbiano fatto una valutazione molto severa delle giunte di Centrosinistra e abbiano dimostrato di prendere in seria considerazione le capacità di governo del Centrodestra.
Il punto è che nella gestione della campagna elettorale il PdL umbro dovrebbe mostrare un livello di fiducia in sé stesso almeno pari a quella che gli elettori dimostrano di avere in lui.A mio avviso nella impostazione e nella modalità di presentazione delle prestigiose candidature che ormai fa anche il Centrodestra in Umbria, occorre una valorizzazione senza timori dell’identità e del ruolo del PdL. Sarebbe imperdonabile non far apparire queste candidature per quello che sono, cioè una assunzione di responsabilità del Centrodestra che ha il coraggio di proporre le persone giuste al posto giusto, o peggio far apparire un Centrodestra al rimorchio dei suoi candidati Sindaco. In altre parole se è condivisibile la ricerca di valori aggiunti, non ci si può limitare alla semplice presentazione di liste civiche comunque formate e soprattutto il valore aggiunto non può essere perseguito a scapito della conservazione e della esaltazione del valore di partenza.
Per carità questo è un difetto del Centrodestra umbro che viene da lontano: basta ripensare all’esperienza del Sindaco di Terni Ciaurro, al quale non mancò né una classe dirigente accomunata dai medesimi valori, né il sostegno della gente: a Ciaurro mancò una organizzazione di persone che condividessero criteri di governo e che, soprattutto, sapessero perpetuare il cambiamento lavorando per il futuro del Centrodestra e della Città di Terni, cioè gli mancò un partito. Quel partito che per sua stessa volontà fu tenuto rigorosamente in cantina e mai fatto salire nel salotto buono.
In ogni caso in queste elezioni abbiamo assistito a spostamenti di masse ingenti di voti, che in solo 5 anni sono passate dal Centrosinistra al Centrodestra nel voto amministrativo umbro e che appaiono inspiegabili, se non si ricorda che anche 5 o 10 anni fa le percentuali che l’Umbria esprimeva a favore del Centrodestra nel voto politico erano alte e mostravano apertamente una realtà sociale che non aveva alcun problema a votare AN e FI alle politiche e alle europee, mentre contemporaneamente continuava a preferire le giunte di Centrosinistra nelle amministrative, il tutto senza pregiudizi ideologici di sorta. Oggi che finalmente anche in Umbria si vede un processo di riassorbimento di questo gap tra risultati politici e amministrativi (che era, questo sì, una anomalia) non può essere proprio la classe dirigente del PdL umbro a farsi prendere alla sprovvista. Un pizzico in più di coraggio e un costante e proficuo investimento su sé stesso possono essere la ricetta giusta per il Centrodestra umbro.
Il Centrosinistra ha imparato sulla propria pelle che non ci sono più sconti per lui, perché non può più contare su acritici orientamenti a sinistra della realtà sociale: il Centrodestra umbro questo lo sa?
Terni, 12/06/2009
Paolo Cianfoni

domenica 21 giugno 2009

Ballottaggio, manifesti, abitudine all'approfondimento e nervi saldi

Per l'utilità e la tranquillità di tutti si riportano le disposizioni previste dal Ministero degli Interni appositamente per i ballottaggi e contenute nelle "Istruzioni per le operazioni degli uffici elettorali di sezione". Ai rappresentanti di lista è stato espressamente raccomandato di attenersi specificamente a queste disposizioni e di tenere un comportamento che favorisca la correttezza, la normale operatività e la serenità delle operazioni di scrutinio.
Questo di seguito è il testo riportato nei libretti del Ministero cui i Presidenti di sezione sono tenuti ad attenersi: "Con riguardo al turno di ballottaggio, il Consiglio di Stato ha precisato che i segni meramente ripetitivi (cognome oppure nome e cognome, espressamente indicati nel riquadro contenente il nominativo del candidato alla carica di sindaco ovvero nel riquadro delle liste apparentate) o superflui (segni apposti sulle liste di una medesima coalizione ovvero nomi di candidati appartenentialle medesime), non possono essere interpretati come “segni di riconoscimento”, tali da determinare la nullità del voto espresso. La nullità del voto non può verificarsi nemmeno quando sia stato espressamente indicato il nome di un candidato alla carica di consigliere comunale non appartenente alla lista pure contrassegnata, purché collegata al medesimo candidato alla carica di sindaco: nel turno di ballottaggio, infatti, l’elettore deve manifestare la volontà di scelta di uno schieramento senza possibilità di attribuire voti disgiunti; ed un voto che contenga la descritta imprecisione non pone dubbi sulla scelta dello schieramento. Al contrario il voto deve essere considerato nullo quando l’elettore abbia manifestato la propria scelta per entrambi gli schieramenti (evenienza ammissibile al primo turno nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti) apponendo un qualsiasi segno sia nel riquadro contenente il nome del candidato alla carica di sindaco che nelle liste collegate, ma appartenenti allo schieramento avversario, ovvero abbia utilizzato parole od espressioni non corrispondenti al nome di alcun candidato (Sez. V, n. 374 del 4-2-2004)."
Questa mattina a nome della Lista Baldassarre per la quale sono delegato di lista ho fatto presente all'ufficio elettorale del Comune di Terni, che a sua volta ha interessato la Prefettura, che i Presidenti di sezione, per essere posti nelle condizioni di applicare queste disposizioni, avrebbero dovuto ricevere un elenco ufficiale dei candidati consiglieri comunali, perché i manifesti in dotazione alle sezioni per il primo turno, sono stati ritirati.
In ogni caso si prega ogni soggetto che per ragioni di ufficio o di partito fa parte dell'organizzazione delle sezioni di non alimentare in nessun modo interpretazioni fantasiose o equivoci che da questa posizione lineare e strettamente aderente alla legge possono essere erroneamente conseguiti. Buon lavoro a tutti.
Paolo Cianfoni

giovedì 18 giugno 2009

Referendum

Come già accennato nel post precedente i tre referendum che stiamo per votare non hanno nulla a che vedere con la reintroduzione delle preferenze, anche se persino nei siti ufficiali dei promotori si tende a fare confusione in questo senso.
REFERENDUM n. 1 SCHEDA VIOLA
Votando "SI" si impedisce che nella elezione della Camera dei Deputati il premio di maggioranza (cioè quella quota di parlamentari in più che è prevista per la coalizione che vince allo scopo di assicurare una maggioranza stabile e più ampia per il Governo) sia assegnato alla coalizione vincente, in questo modo il premio andrebbe solo al partito più votato, non ai suoi alleati. Si tratta di un potente strumento che costringerebbe i partiti a fondersi, in questo modo nel giro di pochi anni probabilmente il panorama politico italiano diventerebbe simile a quello USA con due grandi partiti e scarsissime possibilità per gli altri.
REFERENDUM n. 2 SCHEDA BEIGE
Il quesito è identico al precedente, ma riguarda il Senato. Votando "SI" si impedisce che nella elezione del Senato della Repubblica il premio di maggioranza sia ssegnato alla coalizione vincente, in questo modo il premio andrebbe solo al partito più votato, non ai suoi alleati.
REFERENDUM n. 3 SCHEDA VERDE CHIARO
Votando "SI" si impedisce che un candidato si possa presentare in più circoscrizioni elettorali, cioè si impedisce la pratica che consente a un leader di partito di candidarsi in più circoscrizioni, in modo da essere votato ovunque e quindi "tirare" la lista. I promotori vogliono impedire che un candidato eletto in più circoscrizioni, potendone accettare solo una, naturalmente, sia lui l'arbitro con il gioco delle rinunce di chi entra in Parlamento.
Personalmente sono d'accordo a introdurre una spinta verso il bipartitismo, (SI quesito 1 e SI quesito 2) naturalmente però anche questo referendum non è esente dai difetti insiti nell'istituto stesso così com'è concepito in Italia, cioè, per intenderci, va bene il bipartitismo, ma inserito in una riforma complessiva delle istutizioni, inserirlo così brutalmente come può fare il referendum, creerebbe diversi problemi.
Sul terzo quesito i rischi sulla pratica delle rinunce, che ci vedono i promotori, mi sembrano davvero esagerati. Che un candidato che riscuote consensi in ogni parte d'Italia possa essere votato ovunque e così possa rimettersi ovunque al giudizio degli elettori, non mi sembra sbagliato, né il fatto che risultando eletto in più luoghi tutti i primi dei non eletti possano subentrare tranne uno a scelta del leader mi sembra un pericolo, dato che ritengo che anche ai partiti debba essere riconosciuta una rilevanza istituzionale anche come sede di scelta della classe dirigente. (NO o non ritiro della scheda per il quesito 3).
Motivi di tecnica elettorale però consigliano per evitare errori, quando possibile, di dare indicazioni uniformi, pertanto considerato che il quesito 3 non tratta di una questione drammatica (che per la verità non avrebbe giustificato un referendum) per semplicità si potrebbe pensare a tre SI.

venerdì 12 giugno 2009

Il grande alibi della preferenza


La legge elettorale in vigore per le elezioni politiche non piace a molti. In particolare è diventato un luogo comune dire che il problema dell'attuale legge sia il fatto che non prevede più la preferenza. Personalmente mi sono fatto l'idea che non esiste un sistema elettorale perfetto e tutti hanno pregi e difetti. Ogni nazione sceglie il sistema che preferisce e quando è stanca dei suoi difetti passa ad un altro e così via. In Italia abbiamo attualmente in vigore molti sistemi elettorali diversi per le varie votazioni europee, politiche, amministrative, ma abbiamo avuto per decenni un sistema elettorale proporzionale con preferenza (plurima) che aveva come pregio il fatto che tutti potevano trovare sempre la propria (piccola) lista con il proprio candidato nel quale avere fiducia favorendo così la partecipazione al voto, ma aveva come difetto la frammentazione, cioè l'esistenza di una miriade di partitini e il governo incerto che risultava dalla faticosa costruzione di maggioranze sempre in bilico. Giustamente disgustati dai difetti del proporzionale abbiamo iniziato una lunga e tormentata marcia verso un maggioritario "all'italiana", con sistemi misti scarsamente soddisfacenti, poi nel 2005 siamo ritornati verso il proporzionale, ma con significative differenze: si è scelto un sistema proporzionale corretto a coalizione, con premio di maggioranza, senza possibilità di indicare preferenze. Premetto che personalmente non avrei fatto questa scelta di rinunciare alle preferenze, perché la ritengo prematura nell’attuale situazione del Paese, ma non è morto nessuno, si è solo, in questo peregrinare, che ho paura non sia finito, scelto di rinunciare alla preferenza, come è stato fatto in molti altri Paesi. Il punto è che soprattutto il Centrosinistra, che ormai ha smesso da tempo di fare proposte e comunicare idee, affronta questo tema con il solito integralismo, la solita indignazione e il solito falso moralismo. Per cui molte persone in buona fede di Centrosinistra non riescono nemmeno a concepire che ci possono essere delle buone ragioni per fare questa scelta, le buone ragioni che corrispondono ai pregi di questo sistema, uniti naturalmente ai suoi difetti, come in tutti i sistemi elettorali. La preferenza infatti non è un sistema così perfetto come ci vogliono far credere, per diversi motivi. In primo luogo occorre considerare che i cittadini sono molto restii a dare la preferenza e in grande maggioranza si limitano a mettere una croce sul simbolo della lista. Nella pratica infatti i voti con espressione di preferenza sono generalmente molto pochi rispetto al totale di voti di lista, cosicché la scelta effettiva dei candidati che vengono eletti viene fatta non dal popolo, ma da una esigua minoranza. Il sistema delle preferenze non assicura affatto che arrivi primo il più adatto a governare, ma di solito arriva primo il più bravo nel contatto con la gente, il più bravo nel porta a porta, il più bravo a farsi ricordare o a “pietire” il consenso, tutte qualità che possiamo tranquillamente considerare positive, ma che evidentemente non hanno alcun collegamento con le capacità del candidato di svolgere quel compito di normazione e di rappresentanza in cui consiste l’incarico istituzionale cui si è candidato. Infatti la storia recente e meno recente del Consiglio comunale di Terni, ma è purtroppo un fenomeno diffuso a più territori e a tutti i livelli, porta significativi esempi di “mister preferenza” dei quali non si ricorda nessun intervento. In alcuni casi perché gli interventi vengono svolti, ma con contenuti del tutto evanescenti, in altri casi perché gli interventi in consiglio non ci sono proprio e magari questa caratteristica costantemente silenziosa del comportamento in presenza fisica si accompagna a una strana loquacità e disinvoltura nel rilasciare interviste (rigorosamente scritte) ai giornali. Anzi se vogliamo essere un po’ maligni, le qualità sopra riportate che caratterizzano il candidato in grado di calamitare preferenze descrivono anche caratteri con particolari inclinazioni, capacità e competenze in termini di clientelismo nella vita amministrativa che segue all’elezione. Sarà un caso?

In secondo luogo la preferenza rende particolarmente costose le campagne elettorali infatti al potere di scelta assegnato al cittadino nel momento delle elezioni corrisponde evidentemente una competizione dei candidati con ogni mezzo di propaganda: la guerra dei manifesti assolutamente insensata, l’intasamento delle cassette postali, gli sprechi di cene, cocktail, porchettate, canti e suoni, telefonate, sms, ecc. con il risultato che un candidato medio spende in campagna elettorale una cifra che può raggiungere la metà o anche il totale dell’indennità netta cumulata che riceverà in tutto il futuro mandato (senza contare che la maggioranza dei candidati, naturalmente, non viene eletta).
Questo del costo della campagna non è un punto da sottovalutare, porprio in vista del rinnovo della classe dirigente: alle europee dove alla preferenza (fortunatamente plurima) si aggiunge la vastità delle circoscrizioni elettorali, nessun candidato potrebbe essere eletto se non disponesse di ingenti risorse finanziarie, con il risultato che possono diventare deputati europei o portavoce di cordate politico-finanziarie, o rampolli di famiglie ricche, certo nessuna persona "normale" sopratutto se giovane.

Per tutto quanto detto, chi considera la preferenza come un intoccabile moloch di democrazia o è in malafede, o è un integralista o semplicemente non conosce la realtà delle campagne elettorali che ho sopra accennato. Ragionamenti più attenti alla democrazia effettiva portano ad evidenziare che il problema non è la presenza o l’assenza della preferenza, ma i meccanismi di scelta della classe dirigente. In altre parole, ben sapendo che la democrazia non è un sistema perfetto, ma è il migliore possibile, o ci teniamo la preferenza o scegliamo sistemi senza preferenza, ma obblighiamo i partiti, magari con norme di legge e quindi obbligatorie ad adottare sistemi di individuazione delle candidature che siano chiari, partecipati e, fermo restando il diritto all’elettorato passivo, anche possibilmente in grado di individuare candidati preparati.

Pertanto la preferenza non è intoccabile, ma ci vogliono garanzie riguardo la "democrazia interna" ai partiti e (voglio dire una bestialità) non guasterebbe anche riguardo la reale volontà di selezionare e rinnovare la classe dirigente.

Oggi in Italia i partiti né nel Centrodestra, né meno che mai nel Centrosinistra (la tormentata e incresciosa vicenda anche ternana delle “primarie” è raccapricciante) non sembrano affatto in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi esposti. Allora è meglio la preferenza, però retromarcia per retromarcia, forse è opportuno completare il ritorno indietro e rispolverare il sistema a preferenza plurima, perché la formazione di cordate di candidati crea comunque dei risparmi di spesa e lo stesso elettore potendo dare per esempio tre preferenze, non nel primo voto che è riservato ai "mister preferenza", ma nel secondo o nel terzo può darsi che dia anche il consenso a un candidato magari giovane e preparato, non c’è nessuna certezza che lo faccia davvero, ma la democrazia non è un sistema perfetto. L’avevo già detto?

Paolo Cianfoni

PS I referendum che stiamo per votare non hanno niente a che vedere con la reintroduzione della preferenza, ma ne parlerò più avanti.

(Mortadella foto Gummo fonte flickr)

Due tipi di scelte sbagliate: quelle comprensibili e quelle incomprensibili

Entrambi i maggiori partiti in queste elezioni hanno fatto scelte interne sostanzialmente peruginocentriche. Il tutto probabilmente solo per massimizzare le opportunità di vittoria su Perugia. Ma i ballottaggi nei grandi centri si sono verificati solo a Terni e a Orvieto. Il Centrosinistra fa male a preferire Perugia, ma almeno ha dei motivi, per il Centrodestra invece si tratta di puro e semplice autolesionismo.

martedì 9 giugno 2009

Ballottaggio a Terni

Definitivo comune di Terni: con un 49,4 % Di Girolamo manca di un soffio l'elezione al primo turno, quindi ballottaggio tra due settimane Di Girolamo - Baldassarre, ma in caso di vittoria di Di Girolamo avrà il 60% del Consiglio comunale, in caso di vittoria di Baldassarre ci sarà l'anatra zoppa: stessa situazione del 1997

Risultati Provincia di Terni

Feliciano Polli, sostenuto dal Centrosinistra, è il nuovo Presidente della Provincia di Terni. Il PdL è all'opposizione con 8 eletti Consiglieri oltre il Candidato Presidente per il Centrodestra Alfredo De Sio.
Auguri di buon lavoro al Presidente Polli e a tutto il nuovo Consiglio provinciale.

martedì 2 giugno 2009

L'anatra come la preferisce?


In un periodo in cui per legge nemmeno si possono divulgare, ogni candidato sembra avere in tasca un suo sondaggio "buono" per lui. I sondaggi invece vanno presi con un certo distacco. Chi ha un po' di memoria ricorderà che i sondaggi locali a Terni non sono stati mai molto azzeccati: fin dal 1993 in cui fu fatto un exit poll al ballottaggio Ciaurro-Giustinelli, che dava vincitore il candidato della sinistra, il Sen. Giustinelli, quando invece nella realtà quello fu il giorno storico dell'elezione del Prof. Ciaurro.
Certamente in una situazione così caotica e incerta chi ha le tasche piene di certezze è bravo, ma rischia di fare presto brutte figure. Ritengo che la quantità degli indecisi sia ancora alta sopratutto a sinistra e che anche in queste poche ore prima del voto in realtà possa succedere di tutto.
Occorre rilevare però che si fa un gran parlare dell'eventualità della cosiddetta "anatra zoppa". Personalmente credo che molto più che i presunti sondaggi, che hanno lo scarso valore che hanno, questa attenzione discenda più dal fatto che quando uno si è scottato con l'acqua bollente (come avvenne a Terni nel 1997), poi ha paura anche dell'acqua tiepida.
Ma andiamo per ordine: cos'è l'anatra zoppa?
In Italia ci si riferisce a quella situazione per cui il leader eletto non dispone della maggioranza per governare. In particolare questa situazione può verificarsi nella legge per l'elezione del Sindaco in un caso molto remoto, ma possibile. Cioè quando non scatta il premio di maggioranza. La legge infatti assegna alla coalizione collegata al Sindaco che vince un premio, per cui indipendentemente dalla percentuale raggiunta (se compresa tra il 40 e il 60%), gli assegna il 60% dei seggi. Cioè nel caso di Terni se il premio di maggioranza scatta assegna alla coalizione 24 consiglieri su 40 (il Consiglio in realtà è composta da 41 membri con diritto di voto: il 41^ è il Sindaco). Come accennavo c'è un solo caso in cui il premio di maggioranza (che assicurerebbe la governabilità ad un sindaco eletto con una maggioranza risicata) non viene assegnato, quando cioè una coalizione diversa da quella collegata al Sindaco eletto superi al primo turno il 50% dei voti. E la cosa non è affatto strana, perché è assolutamente ragionevole che nel caso di due o più coalizioni, ma tutte al di sotto del 50%, venga dato il premio alla coalizione del Sindaco eletto per consentirgli di governare, ma nel caso in cui una coalizione sia già maggioranza (assoluta), cioè raggiunga più del 50% fin dal primo turno, è logico che se c'è premio di maggioranza debba andare a quella coalizione, mentre sarebbe del tutto improprio che il premio retrocedesse la maggioranza degli elettori a minoranza di eletti.
A Terni nel 1997, la coalizione di centrosinistra superò il 50% al primo turno, e il ballottaggio tra Ciaurro e Palazzesi, elesse Sindaco Ciaurro. Ma il Centrodestra (allora si chiamava Terni Libera) non poteva beneficiare del premio di maggioranza, perché aveva perso quelle elezioni e la maggioranza assoluta era già stata assegnata dagli elettori al Centrosinistra. Il Consiglio fu eletto con il sistema del proporzionale puro: è vero, come ricordava qualche giorno fa un quotidiano che siccome in ogni caso l'attribuzione dei seggi viene fatta dopo l'elezione del Sindaco e nel 1997 il Sindaco Ciaurro fu eletto al ballottaggio, le coalizioni che valevano per l'attribuzione erano quelle del secondo turno, quindi, per un complicato sistema di attribuzione dei resti, se non solo il CCD (che si collegò) ma anche un'altra lista minore (che comunque non elesse consiglieri) si fosse collegata con Ciaurro per il ballottaggio, allora la partita si sarebbe chiusa 20 a 20 e quindi Ciaurro avrebbe avuto una risicatissima maggioranza in Consiglio, che si sarebbe retta solo sul suo voto (il 41^). Ma al di la dei casi particolari e particolarissimi illustrati sopra, il dato importante è che l'anatra zoppa si verifica in condizioni eccezionali, ma è comunque una ipotesi possibile e che di fatto si è verificata dal 1993 in poi non solo a Terni.
Naturalmente anche se la legge lo prevede, il caso dell'anatra zoppa non è certo politicamente desiderabile. Perché si rischia la paralisi amministrativa e la sottomissione del Sindaco eletto ai possibili ricatti di una maggioranza a lui avversa, fino a quando questa o presenta una mozione di sfiducia, o determina la fine del mandato con la non approvazione del bilancio o con le dimissioni della maggioranza dei consiglieri.
Ma in realtà con poche e mirate accortezze gli elettori possono facilmente evitare l'eventualità dell'anatra zoppa, semplicemnte votando il simbolo di una delle liste collegate al Sindaco che vogliono eleggere.
La cosa è assolutametne di buonsenso, perché è inutile eleggere un Sindaco e poi negargli nei fatti la possibilità di governare.
Se infatti l'elettore fa solo una croce sul simbolo di una lista (ed eventualmente esprime la preferenza scrivendo il cognome di uno dei candidati consiglieri di quella lista) il voto è valido e va assegnato sia al Sindaco collegato che alla lista: così facendo si elegge il Sindaco e gli si dà la possibilità di governare, con la coalizione che si è scelto.
Gli elettori devono invece evitare di dare un voto disgiunto, cioè devono evitare di mettere due croci una sul Sindaco e una su una lista collegata a uno dei suoi avversari e devono anche evitare di mettere una croce solo sul nome del candidato Sindaco, perché in quel caso il voto va solo al Sindaco e non alle liste collegate.
Naturalmente quando si verifica il caso eccezionale dell'anatra zoppa le cause non vanno ricercate solo nella tecnica elettorale, ma anche e soprattuto nella politica, ma qui la questione si fa ancora più complessa e approfondirla ora sarebbe inutile, vista l'imminenza del voto, ma sarebbe un esercizio importante da fare prima o poi e non solo per interessi storici.
Paolo Cianfoni
(Anatra all'arancia foto Fugzu fonte flickr)