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Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone. (E. Roosevelt)

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venerdì 29 febbraio 2008

Barberani: Bisogna rinnovarsi nella mentalità e nel metodo



Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo un intervento, molto stimolante, di Antonio Barberani, che con chiarezza e coerenza tocca una serie di temi che sono di indiscussa centralità e sui quali auspichiamo che si apra una comune riflessione (magari usando l'opzione "commento" che sta in fondo a ogni post).

aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
La vertiginosa (speriamo non precipitosa) novità della proposta di listone ci avvia verso una fase nuova.
Una fase sicuramente stimolante e che richiederà forte impegno in quanto si dovrà, per forza, approdare ad una identità culturale di partito anch’essa nuova e necessariamente diversa da quella attuale.
Per il momento godiamoci questa lista del Popolo della Libertà che si è posta l’obiettivo irrinunciabile della vittoria alle prossime elezioni politiche.
Se questo è l’aspetto geniale e gratificante della novità, si deve essere comunque consapevoli che il 14 aprile non sarà l’atto finale, ma soltanto un nuovo punto di partenza.
Molto dovrà cambiare in noi e fuori di noi.
Innanzitutto, ritengo che non sarà più sufficiente essere soltanto il ‘partito del fare’, ma dovremo, per forza, essere anche il ‘partito del pensare’.
Per costruire un nuovo soggetto politico, non bastano certo un paio d’ore come è successo il 9 febbraio, né basta, tantomeno, mescolare dirigenti: è invece indispensabile cercare di mettere insieme le culture politiche di riferimento, in quanto, in un processo di semplificazione come quello che si è messo in moto, se non ci si vuole ritrovare con gli stessi equivoci paralizzanti frutto della passata logica delle coalizioni, ci sarà bisogno di contenuti politici forti.
Se in un partito manca la cultura di riferimento, si finisce inevitabilmente col far prevalere la cultura degli interessi e delle lobby.
Quindi inizia il cammino verso un nuovo partito che dovrà essere (e finalmente) anche ‘il partito del nuovo’, soprattutto di un nuovo modo di porsi di fronte all’attività politica.
La sinistra, lo tocchiamo con mano dalle nostre parti, ha un’idea della politica totalitaria e totalizzante( i vecchi vizi non si dimenticano): con la politica si costruisce potere e si rende, conseguentemente, la politica necessaria ai destini degli individui (cioè le clientele).
Sta a noi invertire questo andazzo: non possiamo solo salvaguardare interessi, ma mobilitare coscienze, così che si possa dare risposte certe alle tante domande che oggi provengono dalla società.
Anche in questo modo si rimettono in moto meccanismi di selezione della classe dirigente!
Per tutelare questo approccio, innanzi tutto ci vuole consapevolezza di chi sono oggi i nostri interlocutori. Difatti, dagli esordi di Forza Italia del ’94, è completamente cambiato il blocco sociale di riferimento: siamo passati dal ‘popolo delle partite iva’ al lavoro dipendente (la classe operaia vota per lo più per noi), ad un universo di soggetti e di rappresentanze sociali altamente variegato.
La domanda che oggi ci proviene dalla società è la difesa di ‘diritti’ poco o male rappresentati dalla sinistra, diritti che, al massimo sono solo raccontati da qualche bel programma tv come quello della Gabanelli o pochi altri. Sono, tanto per citarne alcuni,
il diritto ad una città sicura, il diritto alla legalità delle attività pubbliche, il diritto alla salute, inteso come il problema dei rifiuti e dell’ambiente, il diritto al lavoro in ogni suo ambito, autonomo o dipendente.
Oggi siamo più che mai un movimento interclassista e non è detto che sia un male.
L’interclassismo è un valore positivo in un partito, a patto che non degeneri come vediamo a sinistra a cominciare dalle candidature: ha ragione Bertinotti, tra Colannino e l’operaio della Tyssen, candidati nel PD, ce n’è uno di troppo.
In mezzo a queste due polarità, l’industriale di successo e l’emarginato sociale, c’è l’Italia vera, ci siamo tutti noi, non lo dimentichiamo, l’Italia con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, proprio l’Italia che spesso non è più garantita.
A questa Italia Berlusconi è stato capace di dare prima un sogno e poi certezze, magari in pillole, magari in modo scoordinato, ma tangibilmente: la certezza di una coscienza nazionale e la certezza di un futuro meno ambiguo. Sono questi i cittadini con i quali si deve saper dialogare e, possibilmente, saper anche dare delle prospettive.
Costruire questo percorso verso un movimento nuovo sarà certamente faticoso, vista anche la quantità e la diversità dei soggetti in campo.
Se, come diceva Totò, “è la somma che fa il totale”, a noi ci andata pure bene in quanto ci sono territori che debbono far convivere 12 o 13 partiti confluiti nel listone : da Lamberto Dini a De Gregorio, dai Pensionati alla Lista No-Euro.
Questo nuovo inizio, che dovrà approdare per forza ad una nuova identità di partito, lo dobbiamo affrontare con orgoglio e consapevolezza, per non vederci annacquare le tematiche a cui siamo più affezionati. Qualche scricchiolio già emerge, ma, come scrive Mario Giordano, vanno proposti contenuti veramente liberali insieme, finalmente, alla riduzione del ruolo dello Stato.
E’ un percorso pieno di insidie in cui sarà importante ripristinare, innanzitutto, una vera dialettica, troppo spesso dimenticata, sia tra dirigenti, sia, ancora di più, tra dirigenti e cittadini, ma è un percorso che va affrontato con generosità, seminando piuttosto dubbi che fasulle certezze come fanno i nostri avversari politici.
Tenendo presente che bisogna rinnovarsi nella mentalità e nel metodo: siamo troppo abituati a confondere la politica con l’organizzazione o, peggio, con la propaganda; componenti certamente decisive, ma che, se uniche o quasi, riducono un movimento politico alla stregua di una tifoseria calcistica.
Fa comunque un po’ caso constatare che ad una riunione come quella che si è svolta sabato a Terni come nelle altre riunioni regionali, erano presenti le stesse facce di 10 anni fa; ma la cosa più seria è che erano nelle stesse posizioni: gli stessi sempre sul palco, gli stessi sempre di sotto. Di sicuro c’è qualcosa che non funziona! Oppure dobbiamo ammettere che anche da noi si è consolidata la casta degli intoccabili.
Anche per questo, anche per chi, come il sottoscritto, ha un approccio certamente insufficiente nei confronti della politica, o, almeno, un certo tipo di politica, c’è bisogno di qualcosa di più e di meglio.
Allora, cominciamo questa fase nuova rispettando, per l’intanto, il disinteresse ed il cuore di chi si spende anche nel più piccolo comune come nella più piccola realtà del nostro territorio.
Il ‘territorio’ è la prima risorsa di un partito: altrimenti che partito del popolo è?
Per questo motivo va rivolta grande attenzione alle specificità territoriali ed alla loro necessaria autonomia, certamente all’interno di linee concordate con gli organismi gerarchici, ma mai imposte da qualcuno per disegni personalistici.
Anche per questo sarebbe ora che si tenesse conto, nella confezione delle candidature, di tutte le candidature, della nostra Provincia e di tutti i comuni che la compongono. Il Partito non è solo ‘perugino’, così come non è solo ‘ternano’, nel senso di Terni città.
Per raggiungere tutti questi obiettivi abbiamo bisogno di un lavoro paziente, di capacità di ascolto e di confronto, di lealtà e rispetto nei comportamenti interpersonali.
Ma il nuovo inizio che ci attende, sicuramente saprà fare tesoro degli errori del passato, che ci hanno resi consapevoli che nessuna iniziativa politica, nessun successo elettorale, nessun governo amico può risarcire chi ci sostiene e apprezza di quanto gli è stato tolto, e ‘maltolto’, dalla politica inconcludente, vorace e arrogante della sinistra che abbiamo conosciuto in questi anni dalle nostre parti e in tutta Italia.

Coordinatore Comunale FI Orvieto
Antonio Barberani

3 commenti:

Paolo Cianfoni ha detto...

La prima questione posta da Antonio è quella dell'identità. Ha centrato il primo problema, ma personalmente ritengo che il difficile sarà, più che costruire una identità comune, quello di comprendere tutti davvero quello che stiamo facendo. Mi spiego: è l'intero mondo occidentale che non conosce e non difende la propria identità. Infatti per saldare le identità di FI e AN sarà tutto sommato meno difficile di quel che sembra: patria, nazione, economia di mercato, attenzione ai temi sociali, cristianità, occidente, meritocrazia, libertà, liberalismo, liberismo, buongoverno, sono tutti temi che, magari con qualche sfumatura, descrivono già oggi un patrimonio condiviso tra i due partiti. L'adesione ai valori del PPE che fa parte dell'atto fondativo del PdL garantisce proprio questo. Perché essere di centrodestra in Europa significa esattamente aderire a questi valori, semmai il difficile sarà "accompagnare" tutti, proprio tutti, i nostri elettori su questa strada, il difficile sarà rendere veramente europeo il centrodestra italiano. E' per questo che in altri blog ho avvertito che l'invito a entrare nel PdL è giustamente rivolto a tutti quelli che non si sentono di sinistra, ma non è un invito neutro, perché significa condividere questi valori, lo avranno capito tutti?

Paolo Cianfoni ha detto...

Se con dovremo "essere anche il partito del pensare" Antonio si riferisce al fatto che il PdL dovrà dimostare una maggiore capacità di elaborazione politica nei territori, sono completamente d'accordo. Faccio però due note 1) che l'elaborazione di cui FI (e anche An) è in grado a livello centrale è rilevantissima, nel bene e nel male siamo stati noi dal 1994 a "dare le carte" 2) che a mio avviso dovremmo comunque cercare di mantenere e continuare a valorizzare la nostra "immagine" e la nostra sostanza di "partito del fare", nel senso di partito della concretezza, della capacità di gestire, di governare, sia al centro che nei territori.

Paolo Cianfoni ha detto...

Sul fatto che se non identifichiamo, analizziamo e affrontiamo i problemi, rischiamo semplicimente di sostituire a coalizioni paralizzate, partiti unici paralizzati sono perfettametne d'accordo. Sul fatto invece che dobbiamo diventare il "partito del nuovo", io francamente penso che lo siamo già, proprio perché siamo il partito del fare, il partito del buongoverno, il partito della modernizzazione del Paese: non riesco a immaginarmi cose più nuove di queste in Italia.