HOME non è mai politica attuale la parola dei profeti disarmati, ma in un popolo ci vogliono i politici attuali e i politici inattuali, e se i primi sono giudicati savi e i secondi matti, ci vogliono i savi e ci vogliono i matti, e guai ai popoli che hanno solo i savi perché spetta di solito ai matti porre e coltivare i germi della politica avvenire (B. Croce)
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Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone. (E. Roosevelt)

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domenica 21 dicembre 2008

"Serenandia" di Eligio Bartoli: una fiaba per crescere

La penna di Eligio Bartoli, uno dei più attivi collaboratori di www.pdlterni.org , ci ha abituato a grandi dosi di passione e a una viva forza evocativa. Oggi la casa editrice ternana "Edizioni Thyrus" pubblica "Serenandia" una sua breve opera, curata e ricca di pregevoli illustrazioni, che ci fa scoprire anche un lato della sua personalità delicato e responsabile nei confronti dell'infanzia e dell'educazione. Rivolgiamo a Eligio alcune domande, su questa bella iniziativa:
- Che cos’è Serenandia?
La breve storia di SERENANDIA è quella di un mondo fantastico dove tutti vivono felici, sempre giovani e dove ogni desiderio lecito viene esaudito. La vita scorre serena fino a che una giovane mente di Serenandia non ha un desiderio contrario alle sue leggi; allora l’incantesimo si rompe provocando l’invecchiamento improvviso di colui che ha desiderato e la sua trasformazione in un mostro, metà uomo e metà tartaruga, chiamato Tartuomo. L’evento provoca il risveglio di Rossocattivo, il vulcano nemico che vive nelle viscere della terra costretto al silenzio dal regnare dell’ armonia su Serenandia. Comincia così una battaglia fra i suoi abitanti e Rossocattivo che vuole conquistarla e asservirla al suo volere. E’ l’allegoria della fine dell’ innocenza inconsapevole dell’ infanzia e dell’ inizio della vita sociale con le invidie e le mire di sopraffazione delle ideologie. Saranno i tre Saggi del Consiglio della Serenità a difendere e salvare Serenandia dal potere malvagio di Rossocattivo, il Cerbiatto, il Coniglio e il Cavallo che incarnano i valori di bontà sapienza e libertà.
- Perché hai scritto questo racconto?
Ho scritto questo racconto per trattare, da un angolazione fantastica, la condizione dell’ adolescenza e i gravissimi rischi di prevaricazione, strumentalizzazione e violenza che corrono, oggi come non mai, i bambini. Le vicende di cronaca e quelle ultime del mondo della Scuola, ne esaltano, purtroppo, l’attinenza con la realtà.
- Quindi è una fiaba per .. genitori?
E’ una fiaba per genitori e figli, da leggere insieme, con l’auspicio che la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro e tutta la società civile, possano essere un giorno un’unica Serenandia.

sabato 1 novembre 2008

Governare non è solo metodo, ma anche contenuto

L’incontro di presentazione della lista civica “Rinnoviamo insieme Terni” che si è svolto ieri è stato nel complesso positivo. Una successione di pochi e brevi interventi che hanno offerto l’occasione della ribalta anche a due giovani come Alessio Santi, presidente del Comitato pendolari e Francesca Consiglio, presidente del Comitato per i diritti dei bambini che hanno portato, con concretezza, freschezza e semplicità, l’esperienza di alcuni dei problemi reali che i ternani devono affrontare quotidianamente e rispetto ai quali l’azione degli enti locali è insufficiente.
Se da un lato va rilevato con soddisfazione che non ci sono stati litigi di sorta, dall’altro diventano doppiamente gravi, perché evidentemente immotivate, le sparate sulla stampa locale fatte nei giorni immediatamente precedenti all’incontro.
Nel suo intervento in qualità di Vicepresidente dell’associazione civica Enrico Melasecche, consigliere regionale dell’Umbria aderente al gruppo dell’UDC, Consigliere nazionale dell’UDC e membro dell’Esecutivo Nazionale dell’UDC quale Responsabile politico nazionale per le Regioni Rosse, ha sottolineato essenzialmente due concetti: che i programmi si possono anche copiare da quelli presentati nelle elezioni precedenti, oltretutto perché ormai si assomigliano tutti e che non è importante il programma, ma il “progetto” con i nomi che lo devono sostenere.
Posso concordare, con alcune non secondarie accortezze, su entrambi i concetti, infatti che i programmi di rilancio della Città di Terni si somiglino da elezione a elezione è una triste realtà, che evidenzia solo il fatto che il rilancio non viene mai realizzato e i problemi restano irrisolti. Mentre invece che i programmi siano sovrapponibili tra centrodestra e centrosinistra questo è evidentemente un eccesso retorico, perché le convergenze sono state in passato (per quelle future attendiamo di vederli i programmi delle elezioni 2009, prima di valutarli) sui temi essenziali della Città, che sono e devono restare patrimonio comune, tra cui il ruolo essenziale della grande industria nel tessuto economico cittadino per fare un solo esempio.
Anche la preminenza del “progetto sostenuto dai nomi” rispetto ai contenuti delle proposte è una semplificazione retorica, perché governare non è solo metodo, ma è anche contenuto.E’ vero che nella vecchia politica si diceva “prima il programma”, ma nella realtà significava “prima ci dobbiamo accordare sulle poltrone” e questo ha, giustamente, determinato un rigetto di questi modi di fare politica da parte degli elettoriMa non è semplicemente sostituendo al termine “programma” quello di “progetto” che cambia qualcosa, per fare quello che gli elettori si aspettano da noi, dobbiamo avere delle idee per la nostra città, dobbiamo avere un “progetto” o “programma”, che dir si voglia, fatto di ambiziosi contenuti di cambiamento e dobbiamo proporre candidati in grado, con la loro personalità e credibilità, di incarnare questo cambiamento.
Ognuno deve poter fare questo percorso in piena libertà apportando il suo impegno nella appartenenza ideale a un movimento politico, che per quanto riguarda il PdL non a caso pone “la politica del fare” e “il buongoverno” come valori centrali, oppure, se crede, valorizzando il proprio impegno civile e la propria estraneità a formazioni politiche. In un leale e onesto progetto di rilancio della nostra Città ci deve essere spazio per tutti, in una logica di inclusione e di riconoscimento reciproco.E infatti il Presidente Baldassarre, con altrettanta concretezza, freschezza e semplicità, nel suo intervento conclusivo ha pronunciato parole chiare e condivise, affermando che i problemi dei ternani sono tanti e se diamo la giusta rilevanza alla dimensione concreta che l’intervento dei due giovani Santi e Consiglio richiamavano, si scopre una quotidiana lotta dei cittadini contro gli ostacoli che si incontrano nella vita reale. E’ su questi temi che è urgente sentire una responsabilità comune e mettere in campo un impegno forte: l’impegno di tutti e anche il suo personale.
Personalmente ritengo che il Presidente Baldassarre abbia risposto a tono a entrambe le questioni:
1) il progetto dovrà essere elaborato a partire da questo approccio, di concretezza e buonsenso, che ponga al centro la vita reale e quotidiana dei ternani (i più accorti ci avranno potuto notare l’aggiornamento ai nostri tempi di quello che era il tema cardine dell’azione di governo di Ciaurro e che lui chiamava l’approccio del “buon padre di famiglia”)
2) se l’affermazione della necessità di un forte impegno personale da parte di tutti, e in quel “tutti”, il Presidente Baldassarre ha tenuto a includere sé stesso, prelude, come credo e spero, a una futura sua candidatura a Sindaco di Terni, anche il “progetto sostenuto dai nomi” sarà compiuto perché a quel punto il nome, in grado con la propria personalità e credibilità, di incarnare e garantire il cambiamento ci sarà: sarà quello di Antonio Baldassarre.
Paolo Cianfoni

lunedì 27 ottobre 2008

Perché lo sciopero del 30 ottobre è contro la scuola

° Il sistema scolastico italiano ha, da tempo, urgente bisogno di essere riformato: siamo ai primi posti, tra i Paesi dell’Ocse come spesa per l’istruzione, ma tanta spesa non incide sulla qualità. Il numero di ore di lezione degli alunni supera del 20% la media dei paesi Ocse, ma ai primi posti per la qualità dell’apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno.
° Per rispondere alla emergenza educativa è indispensabile tenere conto della domanda di istruzione e di educazione che proviene dai giovani di oggi e dalle loro famiglie. Per questo è prioritario dare attuazione all’autonomia costituzionale prevista per le scuole, assicurando alle stesse veri organi di governo e risorse dirette. Gli altri cambiamenti verranno come diretta conseguenza: drastica riduzione di norme; livelli essenziali di apprendimento; carriere per i professionisti della scuola con effettivo riconoscimento del merito e delle prestazioni; dirigenza scolastica messa in grado di rispondere dei risultati; moderno sistema di valutazione che aiuti le scuole a migliorare.
° Una prospettiva di così ampio respiro necessita di tempi lunghi. Occorre dunque un impegno costante per il bene comune da parte di tutte le forze sociali e politiche autenticamente riformiste. Per questo è necessario che anche i sindacati, anziché condurre battaglie di retroguardia dannose per tutti, tornino ad impegnarsi per il bene comune. Lo sciopero generale indetto dai sindacalisti per protestare contro la riforma della scuola esprime più debolezza che forza. E’ la rievocazione di una mitologia sindacalista che vedeva nello sciopero generale il momento della mobilitazione totale come preludio della rivoluzione. La scuola, così, viene trasformata in una cinghia di indottrinamento delle menti più giovani e perciò indifese. Gli slogan lanciati in questi giorni e irresponsabilmente depositati sulle bocche degli studenti spinti in piazza a manifestare contro chi oggi è chiamato a governare, appaiono strumentali e ridicoli, tanto più perché gridati in difesa di una scuola italiana di cui tutti, in questi anni, si sono lamentati.
° Dobbiamo informare chi non lo sa, che misure prese dall’attuale Governo in realtà, non si scostano, nei principi ed in molte proposte, da quelle suggerite dal Quaderno Bianco dei ministri Padoa-Schioppa e Fioroni, nella prospettiva del vincolo di pareggio entro il 2011 richiesto all’Italia dall’Unione europea. La razionalizzazione di spesa all’interno di un sistema tanto elefantiaco quanto improduttivo è urgente e indispensabile. I provvedimenti approvati a favore di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti ne costituiscono un primo significativo segnale.
° Non aderiamo allo sciopero del 30 ottobre perché non ne condividiamo le motivazioni. Non possiamo accettare le posizioni corporative di un certo sindacalismo che, guidato in particolare dalla CGIL, continua ad opporsi, per ragioni di mero potere, a qualsiasi serio tentativo di cambiamento del sistema di istruzione nazionale. L’istruzione è un bene di tutti: per questo è indispensabile che ogni seria riforma si costruisca attraverso il dialogo con le componenti “reali” della scuola.
Prof.ssa Gabriella CaronnaPresidente del gruppo F.I. verso il PDL in Provincia di Terni

sabato 25 ottobre 2008

Dipendenti comunali come bradipi?

La vicenda dello striscione contro il decreto Gelmini esposto sulla facciata della biblioteca comunale di Terni, considerando le rilevanti energie profuse dalla sinistra nella propaganda contro il Ministro Gelmini e quindi considerando prevedibile il comportamento un po' sopra le righe di qualche giovane contestatore, dimostra complessivamente una condotta corretta dell'Assessore Berrettini che ha ordinato la rimozione, anche se c'è stato bisogno di un comunicato di protesta dei Consiglieri Nevi e De Sio. Divertente è invece la lettura a contrario della nota ufficiale emessa dall'assessore per illustrare la vicenda, quando, per un eccesso di zelo (di paglia), dice "Subito mi sono attivata affinché lo striscione fosse rimosso ... Da una indagine svolta tra il personale in servizio ho poi verificato che presumibilmente lo striscione era stato affisso tra le ore 12/12,30 e le 13,50 (ora della rimozione) poiché in precedenza non era stato notato." Pertanto sembra di capire che lo striscione potrebbe essere stato affisso, in un palazzo comunale in piena attività, con la presenza di tutto il personale assegnato al proprio posto, a mezzogiorno e notato dopo quasi due ore. Se le cose stanno così per velocizzare l'attività della biblioteca si può provare ad assumere dei bradipi o anche dei ghiri.
Paolo Cianfoni
(foto bradipo autore mrwlf84 fonte flickr)

sabato 18 ottobre 2008

Appunto sull'ambiente

I movimenti ecologisti sostengono idee astrattamente sacrosante (i rifiuti è meglio riciclarli che bruciarli, l'energia nucleare produce scorie inquinanti, ...) come fa un cittadino normale a non concordare?
Non è un caso che gli ambientalisti siano spesso di sinistra, perché questi ragionamenti presuppongono due concetti (errori) molto confacenti alla sinistra italiana: 1) l'astrazione ideologica e 2) la deresponsabilizzazione rispetto al sistema mascherata da responsabilizzazione del singolo.
1) Astrazione ideologica
E' logico che, in astratto, è meglio riciclare i rifiuti piuttosto che bruciarli. ma le tonnellate di rifiuti che si stanno producendo in Italia mentre leggi queste righe che fine stanno facendo? Quelli prodotti in Umbria stanno andando alla discarica di Orvieto, che prima o poi si esaurirà, solo in piccola parte saranno riciclati. La domanda concreta è, quindi: la gran massa dei rifiuti che non sono stati riciclati è meglio metterli in discarica o negli inceneritori? Mentre per il futuro certamente occorre aumentare la quota dei rifiuti riciclati, ma anche in relazione a questo sarà possibile avere risultati concreti, solo con iniziative concrete: premi alle amministrazioni comunali che riciclano e sanzioni a quelle che non lo fanno (non ai cittadini), ecc.
In effetti gli ambientalisti campani che dicevano no agli inceneritori perché inquinanti cosa hanno ottenuto? Hanno riempito le strade di rifiuti, cioè il più grande disastro ambientale dell'Italia moderna.
2) deresponsabilizzazione
Dire che il riciclaggio si otterrà con una generale operazione culturale è giusto, ma è astratto e finisce per diventare un alibi. La sinistra di solito propone come soluzione che il cittadino si adegui, ma cosa fanno le amministrazioni per ottenere questo cambio di comportamenti? Di solito nulla che non sia un po' di propaganda. E' responsabile dire che le centrali nucleari sono inquinanti e condannare un paese manifatturiero come l'Italia alla carenza di energia almeno a prezzi accettabili? Così facendo si ottiene in realtà quasi nessun vantaggio ambientale, mentre di sicuro un concreto aumento della disoccupazione e preoccupanti dipendenze economiche da determinati Paesi.
Si possono costringere per decreto le industrie europee a emettere meno sostanze inquinanti aggravando i costi della produzione, mentre nei Paesi emergenti non ci sono limiti all'inquinamento e allo sfruttamento? Fare così significa in realtà aumentare la quota di beni prodotti nei paesi con industrie maggiormente inquinanti e disumane, e diminuire quella prodotta in Europa dove le industrie sono meno inquinanti e più umane.
Ecco perché a fare le cose che dicono gli ambientalisti ideologizzati e deresponsabilizzanti (e tanti burocrati di Bruxelles) , sembra di fare bene, ma si ottiene l'esatto contrario.

martedì 30 settembre 2008

Urinare e vomitare sul palcoscenico non è arte

La politica culturale del Comune di Terni non perde occasione per dimostrare la sua inutilità e il suo provincialismo. Lo spettacolo finale di "Es Terni" il "festival del teatro contemporaneo" organizzato dal Comune di Terni, che già dal nome dimostra una grande scarsità di idee, si è concretizzato in performance degli attori che hanno urinato e vomitato sul palco.
Come riportava il programma si voleva far riflettere gli spettatori "sull'importanza di creare qualcosa di cui nessuno ha bisogno": il punto non è lo "scandalo" che provoca lo spettacolo, il punto è l'esatto contrario, cioè che è più di un secolo che di fronte alla chiusura e alla volontà di non capire delle cosiddette società benpensanti, gli artisti sono ricorsi all'utilizzo di urina ed escrementi per scioccare e mettere in crisi questo modo di pensare. Ma oggi che le società benpensanti non esistono più, che in tv e più ancora su internet questi atti sono all'ordine del giorno e non sono più provocazioni, essi non possono più avere alcun contenuto artistico, sono al massimo la trovata furbesca di un autore cronicamente a corto di idee per spillare soldi ad assessori altrettanto a corto di idee e pervasi di provincialismo.
La pietra tombale sulla presunta "provocazione" l'hanno messa gli spettatori che, come risulta dalle cronache, hanno appunto applaudito e non si sono scandalizzati.
Lo scandalo non sta nello spettacolo, lo scandalo sta nel fatto che il comune di Terni non riesce ad esprimere nessuna politica culturale degna di questo nome e finanzia con i soldi dei cittadini cose come questa.
Paolo Cianfoni

domenica 28 settembre 2008

La crisi indotta dalla finanza fine a sé stessa

Molto volentieri ospitiamo un intervento dell'Ing. Marco Benucci, Vicepresidente nazionale dei giovani imprenditori di Confcommercio
Vorrei offrire alcune considerazioni da imprenditore sulla crisi finanziaria internazionale. Per farlo, però, devo fare alcune premesse. Troppe volte – infatti – il grande pubblico confonde i finanzieri con i manager e con gli imprenditori perché troppi personaggi economici assumono comportamenti da finanzieri pur continuando a dirsi imprenditori.Il finanziere opera sui mercati finanziari acquistando e vendendo denaro o prodotti similari quali azioni, obbligazioni e derivati. Scambia cioè denaro con denaro di forma diversa per trarne profitto, preoccupandosi non tanto dell’uso che si fa di tale denaro quanto del tasso di remunerazione dell’investimento operato. Il finanziere – per la natura stessa degli investimenti da lui compiuti – tende a ragionare sul breve termine perché lo scambio di denaro può essere assai rapido.Il manager è, invece, un professionista che deve rispondere agli azionisti circa le proprie decisioni gestionali e che, dovendo garantire – in termini di dividendi – la remunerazione degli investimenti altrui, è costretto a ragionare con orizzonti temporali di breve e medio termine perché l’azionista potrebbe non accettare investimenti i cui ritorni siano differiti troppo avanti nel tempo.L’imprenditore, infine, gestisce un’azienda di cui è proprietario e reperisce e gestisce le risorse necessarie a produrre beni e servizi il cui valore finale sia complessivamente maggiore di quello delle materie prime e delle risorse impiegate. Egli, fatta salva la necessità di garantire la propria sopravvivenza, può ritenere tollerabili orizzonti temporali più lunghi rispetto al finanziere e al manager perché, in definitiva, risponde solo a se stesso ed ai propri soci, cioè a persone che stanno “sulla sua stessa barca”. L’imprenditore può permettersi anche di rinunciare ai guadagni di oggi per lasciare “qualcosa in più” ai figli.Passando ad una analisi storica delle tre figure, possiamo dire che l’imprenditore esiste da quando esiste una qualche forma di civiltà: già nella preistoria il cacciatore si procurava le prede e le scambiava con gli utensili realizzati dall’artigiano e con i prodotti dell’agricoltore. Tutti è tre questi nostri progenitori gestivano un processo produttivo i cui risultati (la cacciagione, gli utensili e i prodotti della terra) avevano un valore superiore a quello degli elementi originari.Il finanziere è nato molti secoli dopo e già da subito traeva la sua unica ragion d’essere nella necessità degli imprenditori di reperire denaro – cioè risorse finanziarie – al fine di consentire lo svolgimento di una produzione ormai troppo onerosa per essere sostenuta solo dalle risorse dell’imprenditore stesso.Il manager è la figura più recente: egli è nato per gestire i soldi di persone che, spesso senza conoscersi, hanno deciso di investire in un’azienda concorrendo al capitale di rischio senza avere le competenze e/o la forza di gestirla direttamente.Come si può comprendere, sia il manager, sia il finanziere sono nati a servizio dell’azienda mentre l’imprenditore è il “padre ed il tutore” nonché parte dell’azienda stessa.Tralasciando il manager e limitandoci ad analizzare il ruolo del finanziere, siamo costretti ad entrare in argomenti più tecnici ma necessari a comprendere la crisi in atto.Si è soliti paragonare l’azienda ad un organismo vivente i cui organi sono i suoi processi. Laddove per processo si intende un insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in ingresso in elementi in uscita. La produzione è il più classico dei processi, in quanto trasforma le materie prime nei prodotti finiti che il cliente acquista. Essa genera il cosiddetto valore aggiunto, cioè la differenza tra il valore del prodotto finale ed il valore delle materie prime in essa impiegate.In generale tale valore aggiunto è positivo. Quando ciò non accade, qualcosa non funziona e, sul medio periodo, l’organismo-azienda si ammalerà e morirà. È quanto sta capitando ad Alitalia, un’azienda che eroga un buon servizio il quale, però, non può essere venduto al prezzo necessario per coprire i costi.La produzione, tuttavia, non è il solo processo aziendale; è semplicemente il più importante perché genera valore aggiunto e crea il prodotto o il servizio, quello che – opportunamente scambiato con il cliente – garantisce la remunerazione del rischio assunto dall’imprenditore (o dagli azionisti). Si è soliti individuare altri processi, detti di supporto alla produzione: quello direzionale, che è il cervello dell’organismo azienda; quello commerciale, che propizia lo scambio del prodotto con il cliente; quello di approvvigionamento, che garantisce l’afflusso di materie prime; quello di gestione delle risorse (umane e strumentali), che garantisce la corretta manutenzione dei vari organi di questa strana entità; infine vi è il processo finanziario, che garantisce l’afflusso di denaro necessario a mandare avanti tutti i processi.Al pari di un organismo vivente, l’azienda non può permettersi gravi malattie in nessuno dei suoi processi/organi. Tuttavia dovrebbe apparire evidente a tutti che i cosiddetti processi di supporto, oltre a non generare valore aggiunto in quanto consumano risorse senza creare prodotti o servizi da scambiare con il cliente, trovano la loro ragione d’essere esclusivamente come “sostegno” al processo principale: quello che realizza il prodotto.Credo che, a questo punto, appaia chiara la chiave di lettura che chi scrive dà della crisi finanziaria attuale. Negli ultimi anni, la finanza ha assunto una centralità che non gli è mai stata propria e che ha posto l’azienda in un piano secondario: la produzione non era più la variabile principale ma un’occasione per “maneggiare soldi” attraverso il processo finanziario. Per troppi sedicenti imprenditori (in realtà finanzieri se non, addirittura, speculatori) non conta affatto ciò che si produce ma la compravendita di denaro. In buona sostanza il mezzo è diventato fine ed il fine è diventato occasione.La crisi finanziaria dunque, a mio avviso, non ha radici macroeconomiche (legate cioè alle leggi dell’economia) ma microeconomiche, cioè aziendali. Essa è semplicemente la sommatoria di tante crisi microeconomiche dovute ad un errore culturale gravissimo che – per pura miopia – ha condotto troppi operatori economici a ricercare facili guadagni nella finanza, dimenticando le buone prassi aziendali. Ciò è avvenuto sia nell’industria manifatturiera, sia nei servizi (che comprendono il commercio), sia in molte banche tradizionali.Quella che viviamo non né la crisi del liberismo, né la crisi del mercato, è semplicemente l’effetto della degenerazione di una cultura sbagliata che ha scambiato i mezzi per fini. Nessuna azienda potrebbe sopravvivere a lungo se il processo di approvvigionamento prendesse il sopravvento sulla produzione: essa morirebbe per i magazzini troppo pieni o perché acquista materie prime qualitativamente inutilizzabili. Non si comprende quindi perché si possa sperare di farla franca se si pretende di sottomettere la produzione di beni e servizi alle esigenze della finanza e non viceversa.
Marco Benucci
Vicepresidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio