HOME non è mai politica attuale la parola dei profeti disarmati, ma in un popolo ci vogliono i politici attuali e i politici inattuali, e se i primi sono giudicati savi e i secondi matti, ci vogliono i savi e ci vogliono i matti, e guai ai popoli che hanno solo i savi perché spetta di solito ai matti porre e coltivare i germi della politica avvenire (B. Croce)
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Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone. (E. Roosevelt)

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venerdì 12 giugno 2009

Il grande alibi della preferenza


La legge elettorale in vigore per le elezioni politiche non piace a molti. In particolare è diventato un luogo comune dire che il problema dell'attuale legge sia il fatto che non prevede più la preferenza. Personalmente mi sono fatto l'idea che non esiste un sistema elettorale perfetto e tutti hanno pregi e difetti. Ogni nazione sceglie il sistema che preferisce e quando è stanca dei suoi difetti passa ad un altro e così via. In Italia abbiamo attualmente in vigore molti sistemi elettorali diversi per le varie votazioni europee, politiche, amministrative, ma abbiamo avuto per decenni un sistema elettorale proporzionale con preferenza (plurima) che aveva come pregio il fatto che tutti potevano trovare sempre la propria (piccola) lista con il proprio candidato nel quale avere fiducia favorendo così la partecipazione al voto, ma aveva come difetto la frammentazione, cioè l'esistenza di una miriade di partitini e il governo incerto che risultava dalla faticosa costruzione di maggioranze sempre in bilico. Giustamente disgustati dai difetti del proporzionale abbiamo iniziato una lunga e tormentata marcia verso un maggioritario "all'italiana", con sistemi misti scarsamente soddisfacenti, poi nel 2005 siamo ritornati verso il proporzionale, ma con significative differenze: si è scelto un sistema proporzionale corretto a coalizione, con premio di maggioranza, senza possibilità di indicare preferenze. Premetto che personalmente non avrei fatto questa scelta di rinunciare alle preferenze, perché la ritengo prematura nell’attuale situazione del Paese, ma non è morto nessuno, si è solo, in questo peregrinare, che ho paura non sia finito, scelto di rinunciare alla preferenza, come è stato fatto in molti altri Paesi. Il punto è che soprattutto il Centrosinistra, che ormai ha smesso da tempo di fare proposte e comunicare idee, affronta questo tema con il solito integralismo, la solita indignazione e il solito falso moralismo. Per cui molte persone in buona fede di Centrosinistra non riescono nemmeno a concepire che ci possono essere delle buone ragioni per fare questa scelta, le buone ragioni che corrispondono ai pregi di questo sistema, uniti naturalmente ai suoi difetti, come in tutti i sistemi elettorali. La preferenza infatti non è un sistema così perfetto come ci vogliono far credere, per diversi motivi. In primo luogo occorre considerare che i cittadini sono molto restii a dare la preferenza e in grande maggioranza si limitano a mettere una croce sul simbolo della lista. Nella pratica infatti i voti con espressione di preferenza sono generalmente molto pochi rispetto al totale di voti di lista, cosicché la scelta effettiva dei candidati che vengono eletti viene fatta non dal popolo, ma da una esigua minoranza. Il sistema delle preferenze non assicura affatto che arrivi primo il più adatto a governare, ma di solito arriva primo il più bravo nel contatto con la gente, il più bravo nel porta a porta, il più bravo a farsi ricordare o a “pietire” il consenso, tutte qualità che possiamo tranquillamente considerare positive, ma che evidentemente non hanno alcun collegamento con le capacità del candidato di svolgere quel compito di normazione e di rappresentanza in cui consiste l’incarico istituzionale cui si è candidato. Infatti la storia recente e meno recente del Consiglio comunale di Terni, ma è purtroppo un fenomeno diffuso a più territori e a tutti i livelli, porta significativi esempi di “mister preferenza” dei quali non si ricorda nessun intervento. In alcuni casi perché gli interventi vengono svolti, ma con contenuti del tutto evanescenti, in altri casi perché gli interventi in consiglio non ci sono proprio e magari questa caratteristica costantemente silenziosa del comportamento in presenza fisica si accompagna a una strana loquacità e disinvoltura nel rilasciare interviste (rigorosamente scritte) ai giornali. Anzi se vogliamo essere un po’ maligni, le qualità sopra riportate che caratterizzano il candidato in grado di calamitare preferenze descrivono anche caratteri con particolari inclinazioni, capacità e competenze in termini di clientelismo nella vita amministrativa che segue all’elezione. Sarà un caso?

In secondo luogo la preferenza rende particolarmente costose le campagne elettorali infatti al potere di scelta assegnato al cittadino nel momento delle elezioni corrisponde evidentemente una competizione dei candidati con ogni mezzo di propaganda: la guerra dei manifesti assolutamente insensata, l’intasamento delle cassette postali, gli sprechi di cene, cocktail, porchettate, canti e suoni, telefonate, sms, ecc. con il risultato che un candidato medio spende in campagna elettorale una cifra che può raggiungere la metà o anche il totale dell’indennità netta cumulata che riceverà in tutto il futuro mandato (senza contare che la maggioranza dei candidati, naturalmente, non viene eletta).
Questo del costo della campagna non è un punto da sottovalutare, porprio in vista del rinnovo della classe dirigente: alle europee dove alla preferenza (fortunatamente plurima) si aggiunge la vastità delle circoscrizioni elettorali, nessun candidato potrebbe essere eletto se non disponesse di ingenti risorse finanziarie, con il risultato che possono diventare deputati europei o portavoce di cordate politico-finanziarie, o rampolli di famiglie ricche, certo nessuna persona "normale" sopratutto se giovane.

Per tutto quanto detto, chi considera la preferenza come un intoccabile moloch di democrazia o è in malafede, o è un integralista o semplicemente non conosce la realtà delle campagne elettorali che ho sopra accennato. Ragionamenti più attenti alla democrazia effettiva portano ad evidenziare che il problema non è la presenza o l’assenza della preferenza, ma i meccanismi di scelta della classe dirigente. In altre parole, ben sapendo che la democrazia non è un sistema perfetto, ma è il migliore possibile, o ci teniamo la preferenza o scegliamo sistemi senza preferenza, ma obblighiamo i partiti, magari con norme di legge e quindi obbligatorie ad adottare sistemi di individuazione delle candidature che siano chiari, partecipati e, fermo restando il diritto all’elettorato passivo, anche possibilmente in grado di individuare candidati preparati.

Pertanto la preferenza non è intoccabile, ma ci vogliono garanzie riguardo la "democrazia interna" ai partiti e (voglio dire una bestialità) non guasterebbe anche riguardo la reale volontà di selezionare e rinnovare la classe dirigente.

Oggi in Italia i partiti né nel Centrodestra, né meno che mai nel Centrosinistra (la tormentata e incresciosa vicenda anche ternana delle “primarie” è raccapricciante) non sembrano affatto in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi esposti. Allora è meglio la preferenza, però retromarcia per retromarcia, forse è opportuno completare il ritorno indietro e rispolverare il sistema a preferenza plurima, perché la formazione di cordate di candidati crea comunque dei risparmi di spesa e lo stesso elettore potendo dare per esempio tre preferenze, non nel primo voto che è riservato ai "mister preferenza", ma nel secondo o nel terzo può darsi che dia anche il consenso a un candidato magari giovane e preparato, non c’è nessuna certezza che lo faccia davvero, ma la democrazia non è un sistema perfetto. L’avevo già detto?

Paolo Cianfoni

PS I referendum che stiamo per votare non hanno niente a che vedere con la reintroduzione della preferenza, ma ne parlerò più avanti.

(Mortadella foto Gummo fonte flickr)

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